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Giovanni Mattio nasce a Cuneo nel 1949 (o 1955, o 1961) o a Milano nel 1989? Compie veramente gli studi classici di cui si dice e che avrebbero costituito il suo pane quotidiano? Ed è vero ancora che non di solo pane si è nutrito, ma di arte, ovunque riuscisse a racimolarne peregrinando, valicando e rivalicando confini, sostando ove ne trovasse mense imbandite? Corrisponde a quella immagine di "Jan Pitadé", a cui Sergio Arneodo, un fine poeta provenzale, l’ha accostato, la figura dell'ebreo errante che spunta improvvisamente dal fondo dei campi, barba lunga e mano ammonitrice (ma che fugge all'impazzata, se lo vedi, e si dissolve nella bruma divenendo un'ombra insieme reale ed impalpabile, ma in ogni caso una presenza che incombe, pronta a tornare)?

A quando risalgono veramente le prime e successive esposizioni? Al 1974, o all'83, o all'86 (da questa data si rinvengono  tracce a Milano, Brescia, Bologna, Genova, Bari, Nizza, Parigi, Gand) o al 1992? Il primo ciclo di cui si hanno testimonianze iconografiche certe è quello dei telafracta, tele di grandi dimensioni dipinte, frammentate e disperse. 

Al 1993 si fa risalire il conio del termine ilocromi applicato ad un ciclo di lavori nei quali invece di impastare colori, il nostro impasta terre, sabbie, polveri, cenere ed altro (pare che la cosa sia piaciuta se tuttora le sue opere rientrano in tale definizione). Qualche perplessità desta l'attribuzione allo stesso anno degli 
aquaveli, non tanto per l’apparente l'errore ortografico, ma per la compresenza nello stesso dipinto di trasparenza e materia (acquarelli materici). A ruota (1993, 1994?) si registra un altro termine enigmatico: zostracon, a definire un esteso ciclo di ceramiche polimateriche nelle quali (a dar retta ai testi che le accompagnano) l'artista nei panni di un sacerdote si diverte a infornare materiali eterogenei per scoprire la potenza vivificante del fuoco. A quanto consta, non ricorrono più termini inusuali per registrare l'esperienza rapsodica della calcografia. A cavallo del millennio, nascono e si sviluppano le eso/endoflessioni, i monitor, le forme sagomate, le disseminazioni, le superfici a specchio, le forme tridimensionali, le galassie: dipinti sempre più plastici in cui la materia e il colore si compenetrano in un gioco che si coniuga con le apparizioni e le sparizioni di Jan Pitadé.

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